
“…Finché non ci saremo smarriti, in altre parole, finché non avremo smarrito il mondo, non potremo cominciare a trovare noi stessi…”.
( Henry David Thoreau )
Cosa vuol dire, semplicemente quello che ascoltiamo ogni giorno, ormai da tempo, in tutti i discorsi che si fanno al bar, per strada, nei luoghi di lavoro (per quei fortunati che ne hanno uno), insomma …. ovunque ci si incontri con i nostri simili, gli argomenti sembrano andare sempre nelle stesse direzioni. Ma cosa sta succedendo?!? Quella che risulta essere in atto, purtroppo, viene definita assuefazione: ormai siamo talmente prede dell’abitudine nel nostro quotidiano, che venire a sapere dai mass-media di un terremoto, piuttosto che di un’altra catastrofe naturale o di genocidi e guerre in molte parti del mondo, con milioni di morti ogni anno, non provoca più alcuna profonda emozione nell’opinione pubblica, ma solo brevi momenti passeggeri di (ipocrita) commozione. Abbiamo perso il senso della vita, il senso delle cose che ci circondano, abbiamo smarrito la strada maestra, perso gli ideali, e quindi il mondo intero.
Se le problematiche della nostra epoca, legate ai cambiamenti, sono divenute oramai insormontabili, è inutile continuare a piangersi addosso e ancor più, rimpiangere i tempi passati che, di sicuro non torneranno più: bisogna darsi da fare!
Ma cosa c’entra tutto ciò con il progetto, con il lavoro, con la Piana Reatina, con la Provincia?
E’ stata constatata la sparizione del nostro mondo a misura d’uomo, quando i negozietti a conduzione familiare, che costellavano le strade dei nostri paesi, ma anche della nostra piccola e ridente cittadina, sono stati spazzati via dai metri cubi di cemento, che sono andati ad ospitare i nuovi mega-centri commerciali e che ne hanno poi, di fatto, provocato in tempi brevissimi, il fallimento.
Le fattorie di famiglia, sulle quali contavamo per le nostre provviste settimanali di uova e latte, sono diventate rare, perfino in una nazione come l’Italia, che si sa, ha una tipica vocazione contadina. Le piccole botteghe di quartiere, cui ci affidavamo per aggiustare tutto, dalle suole bucate delle scarpe, ai pneumatici delle nostre automobili, persino ai piccoli
elettrodomestici, oggi stanno diventando ricordi di altri tempi. Un intero stile di vita è svanito, e questo è accaduto in modo talmente rapido, che molti non si sono ancora resi conto di come tutto sia cambiato.
Non rendendosene conto, non capiscono nemmeno che tale cambiamento sia totalmente irreparabile.
Non comprendono, cioè, che stiamo vivendo in un mondo vulnerabile, di transizione e, per ora, in un mondo fatto di estremismi in tutti gli ambiti sociali.
In maniera consapevole per taluni, inconsapevole per altri, si resta attaccati all’idea del vivere così com’era precedentemente, a come le cose funzionavano una volta, e al posto che occupavano in quello scenario.
Molti hanno messo in standby la loro vita, in un’attesa spasmodica di un ritorno alle origini.
Si rimandano le scelte decisionali fondamentali della propria vita, come sposarsi, fare dei figli, e cercare un nuovo impiego in un settore magari diverso, per rimpiazzare quello che ormai non c’è più.
Si aspetta così, inutilmente, che il mondo si rimetta a posto e torni ad essere come quello di prima.
Ma l’attesa genera però, la perdita del presente, il momento migliore per vivere appieno la propria esistenza: ci si sta pian piano, dimenticando di vivere, qui ed ora !!!
Esiste un’epoca in cui ogni crisi può divenire il volano per un repentino cambio di rotta; in cui l’atto di limitarsi a sopravvivere, può trasformarsi in una concreta floridezza.
Per la nostra vita, quel momento rappresenta il punto di svolta, e adesso pare proprio che sia arrivato, a Rieti quel momento è OGGI!!!
Oggi come detto, credo sia il momento storico per un grande cambiamento; e, se pure non vedremo più tornare i tempi passati, nel modo in cui ci sono stati descritti e come li abbiamo già in parte vissuti, questo cambiamento trae origine dalla volontà di fare non passi indietro, ma passi in avanti; riappropriandoci si, di parte di quel mondo, con un occhio al passato, non per viverlo così com’era, però, ma per adattarlo alle esigenze di oggi e utilizzare queste conoscenze in modo consapevole, tale da non commettere più errori distruttivi e letali per la nostra società.
Una prima mossa: riallacciare i rapporti umani, ristabilire l’importanza dell’essere umano e i dovuti comportamenti; non siamo automi, abbiamo una sensibilità, un cuore, dei sentimenti; ma di più: abbiamo dei ritmi, dei bisogni improcrastinabili, non possiamo continuare a vivere la vita come se fossimo dei robot.
È per questo che il nostro progetto prevede su vasta scala, la collaborazione di più aziende in ambito agricolo e non solo, legate insieme da uno scopo comune, quello di una rinascita agroalimentare, come stile di vita sano e della promozione e sensibilizzazione del territorio e dei territori e delle eccellenze che questi producono.
La forma pensata e scelta per incarnare questa collaborazione è il contratto di rete.
Il contratto di rete, introdotto recentemente nel nostro ordinamento giuridico, è l’accordo con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere, sia individualmente (cioè con la propria impresa), che collettivamente (cioè con le imprese che fanno parte della rete), la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato.
La rete svolgerà una funzione di coordinamento ed interazione tra i partecipanti, visto che sulla base di un programma comune, essi saranno obbligati a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie attività, scambiarsi informazioni di natura commerciale, tecnica o tecnologica ed esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa, mentre l’assunzione delle decisioni strategiche resterà in capo a ciascuna impresa separatamente.
L’altro aspetto intrinseco di questo progetto, è quello della cosiddetta “Filiera Corta”; da qualche tempo, infatti, alcuni produttori e consumatori hanno elaborato nuove iniziative, volte a ri-localizzare i circuiti di produzione e consumo, attraverso la riscoperta di un forte radicamento sul territorio.
La “Filiera corta”, quindi, si configura come una strategia alternativa, che possa consentire agli agricoltori reatini di riconquistare un ruolo attivo nel sistema agro-alimentare, con la collaborazione di tutti gli altri attori della filiera.
Questa tipologia di progetto offre un’ importante opportunità di creare valore aggiunto sul territorio, rafforzando la specificità dei prodotti locali.
Promuovere la qualità con questo tipo di progetto, vuol dire innanzitutto, restituire ai prodotti le loro specifiche caratteristiche legate al luogo di origine, valorizzare le differenze di gusto, sapori e valore nutritivo dei vari alimenti.
Questo è possibile solo rispettando la biodiversità e proteggendo le varietà autoctone e le diversità, proprie dei vari territori di produzione.
Il progetto Verdepiana distribuito su più fasi, prevede, quindi, inizialmente, la produzione agricola intensiva di ortaggi, legumi e cereali e la loro lavorazione.
Poi successivamente si andrà a sviluppare tutto il processo di trasformazione degli stessi e il loro immediato confezionamento: nello specifico sono già in essere, in collaborazione con altre aziende del nostro territorio, tre sperimentazioni di filiera corta; filiera del pomodoro Ovalone, (una qualità di pomodoro che risulta essere qualitativamente eccellente e produttiva nelle nostre zone, filiera con ben 14 collaboratori tra cui l’Università degli Studi di Perugia), filiera del Nocciolo, con 12 partecipanti, tra cui la Loaker, azienda leader nel settore del cioccolato e non solo, e la filiera del fagiolo di Borbona, legume di qualità superiore, che vanta collaborazioni anche con Regione Lazio e Gruppo Conad. Il senso di questo grande progetto, dunque, è da ricercare soprattutto, in un possibile e maggiore sviluppo economico di queste terre, partendo sicuramente dalle risorse che abbiamo a disposizione, per poi, andare a ricollocare in ambito agricolo, tutte quelle figure che, grazie o a causa della “industrializzazione”, hanno abbandonato le coltivazioni, (specialmente quelle caratteristiche della nostra Provincia) e fornire loro soprattutto, una preparazione tecnico-professionale e tecnico-organizzativa; tutto questo per giungere ad avere delle figure qualificate e specializzate nei vari ambiti della filiera produttiva: più risorse = maggiore possibilità di lavoro.
Un progetto agroalimentare che racchiude in sé il concetto di stile di vita sano, di benessere raggiunto attraverso una sana alimentazione, la produzione biologica, insieme ad una promozione e sensibilizzazione sul territorio e del territorio delle varie eccellenze reatine; il tutto legato da un forte spirito di collaborazione tra aziende e giovani imprenditori agricoli per lanciare un messaggio importante alle nuove generazioni: salvaguardare la natura e il futuro del nostro pianeta.
Questo progetto è stato reso pubblico in varie manifestazioni d’interesse, prima fra tutte, un work-shop tenutosi in una serie di incontri, nell’estate-autunno del 2015 proprio a Rieti, intitolato “ Reate very well, quando il cibo è futuro.”